A norma dell’art. 614 bis c.p.c. “Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento”.
Trattasi di un sistema di esecuzione indiretta, introdotto sulla scorta del modello francese dell’astreinte, volto a garantire soddisfazione alle obbligazioni c.d. non fungibili.
Nella categoria delle obbligazioni infungibili rientra, certamente, il diritto-dovere di visita del figlio da parte del genitore non collocatario: la peculiarità del rapporto giuridico sotteso, tuttavia, impone di chiedersi se la sua inosservanza possa essere sanzionata ai sensi della norma citata.
Tale è il quesito posto all’attenzione della Suprema Corte che, con ordinanza n. 6471/2020, vi ha dato soluzione negativa: non si tratta di obbligo coercibile.
La peculiarità delle relazioni familiari rende, invero, la posizione del genitore presso cui il minore non è collocato declinabile sotto un duplice profilo:
- da un lato, trattasi di diritto: nella sua declinazione attiva è tutelabile rispetto alle inadempienze dell’altro genitore (su cui incombe il corrispondente obbligo di astenersi, con le proprie condotte, dall’ostacolarne o impedirne l’esercizio), ed è abdicabile;
- dall’altro lato, trattasi di dovere: nella sua declinazione passiva, l’esercizio è fondato sull’autonoma e spontanea osservanza dell’interessato e non è esercitabile in via coattiva dall’altro genitore.
Sotto tale ultimo profilo, la Corte di Cassazione ha precisato che il dovere di visita del figlio deve considerarsi quale espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto e deve essere rimesso alla libera e consapevole scelta di colui che ne sia onerato (id est, il genitore).
Una lettura diversa del predetto dovere, che ne affermasse la natura di vero e proprio obbligo - e dunque coercibile - “urterebbe con la qualificazione adottata e con la stessa finalità di quel dovere, strumento di realizzazione dell’interesse superiore del minore” : non corrisponde, certamente, al supremo interesse del minore intrattenere rapporti forzati con un genitore che non desidera svilupparne alcuno.
La non coercibilità del diritto-dovere di visita comporta la non applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c.: la sanzione prevista dalla norma presuppone, infatti, l’inosservanza di un provvedimento di condanna.
Categoria quest’ultima in cui non può essere catalogato il diritto-dovere di visita paterno che, benché spesso trovi regolamentazione in un provvedimento, non può mai costituire l’oggetto di una condanna ad un facere, sia pure esso infungibile.
Quanto sopra esposto non significa che l’inerzia del genitore non collocatario non possa avere conseguenze: si pensi, a titolo meramente esemplificativo, al rischio di una eccezionale applicazione del regime di affidamento esclusivo in capo all’altro genitore (art. 316, 1 comma c.c.), o ancora, alla decadenza/limitazione della responsabilità genitoriale (artt. 330 e 333 c.c.) o ancora ad una responsabilità penale per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art 570 c.p.).
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Pubblicato lunedì 06 luglio 2020
da Studio Legale Piantanida