Siamo abituati a leggere e a pensare che, al diritto dei minori alla bigenitorialità, corrisponda il diritto dei minori a frequentare entrambi i genitori, sempre.
D’altra parte, buoni o “cattivi” che siano, quelli sono i genitori che ciascun minore ha e con cui dovrà imparare a fare i conti per tutta la vita.
E così, i Tribunali italiani trovano, inventano e applicano strategie sempre nuove per non far venire meno gli incontri tra il minore e il genitore non collocatario.
Anche quando tale genitore è inadeguato o, peggio, maltrattante o violento.
Ci si interroga sempre su come gestire le frequentazioni con il genitore maltrattante (frequentazioni protette, in Spazio Neutro, alla presenza di uno psicologo, in luoghi pubblici ecc.), più raramente ci si chiede se sia effettivamente opportuno garantire tali frequentazioni.
Da un lato c’è l’esigenza di garantire al minore la bigenitorialità e al genitore il diritto di frequentare il proprio figlio, ma, soprattutto, c’è l’esigenza di accertare i comportamenti maltrattanti denunciati – solitamente – dall’altro genitore.
Dall’altro lato c’è però la necessità di tutelare il benessere e l’incolumità del minore.
Di fronte a questa situazione si è trovato, nel 2014, il Tribunale per i minorenni di Roma quando il Pubblico Ministero ha aperto un procedimento per la decadenza dalla responsabilità genitoriale di un padre di due bambini di 1 e 4 anni, in seguito ai comportamenti violenti e maltrattanti denunciati dalla madre dei minori, recatasi con questi ultimi in un centro anti-violenza.
Pendente il procedimento penale, il Tribunale per i minorenni ha sospeso la responsabilità genitoriale paterna e ha disposto incontri tra padre e figli “in condizioni di stretta protezione e alla presenza di uno psicologo”.
Tuttavia, non essendo i Servizi Sociali di zona dotati di spazio e personale idoneo a mettere in atto tali misure di sicurezza, gli incontri tra padre e figli da agosto 2015 a gennaio 2016 si sono tenuti con modalità meno stringenti.
Durante tali incontri, il padre dei minori si è spesso mostrato aggressivo, incapace di rispettare le regole e certamente inadeguato.
Nonostante la segnalazione in questo senso, da parte dei Servizi Sociali, nulla ha fatto il Tribunale per i Minorenni.
Poiché nel mese di gennaio 2016, la madre dei minori non ha accompagnato i figli a due incontri con il padre – a motivo della distanza (60 km) tra la propria abitazione e il luogo degli incontri, incompatibile con i propri impegni lavorativi – nel mese di maggio dello stesso anno, il Tribunale per i Minorenni ne ha sospeso la responsabilità genitoriale, confermando le modalità di frequentazione tra padre e figli in essere.
Contro tale provvedimento, la madre dei minori ha proposto appello.
La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado.
Il caso è arrivato fino alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che si è pronunciata in data 10 novembre 2022.
La CEDU, esaminato il caso, ha affermato che in generale “l'interesse superiore del bambino impone di mantenere i legami tra lui e la sua famiglia”, ma tale interesse non sussiste “nei casi in cui la famiglia si sia dimostrata particolarmente indegna”, poiché il minore ha diritto di crescere e svilupparsi in un “ambiente sano”.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte ha osservato che “il comportamento aggressivo [del padre] era stato segnalato nel febbraio 2017, nel giugno e luglio 2017, nel gennaio 2018, nel marzo 2018 e che nell'aprile 2018 il tutore dei minori aveva informato la corte della difficile situazione in cui si trovavano, poiché la loro sicurezza non era garantita. […] Nonostante tutte queste segnalazioni, il tribunale è intervenuto per sospendere gli incontri solo nel novembre 2018, un anno e nove mesi dopo la prima segnalazione”, con la conseguenza che per molti mesi i bambini “sono stati costretti a incontrare il padre in condizioni poco rassicuranti e che non garantivano la loro tranquillità e il loro sviluppo”.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dunque ritenuto che sia stato violato il diritto dei minori di cui all’art. 8 della CEDU (rispetto della vita privata e familiare), condannando l’Italia.
La Corte infine ha ritenuto che anche la sospensione della responsabilità genitoriale della madre abbia rappresentato una violazione dell’art. 8 perché non sono stati correttamente valutati i motivi alla base del presunto comportamento ostile materno.
Sul punto, la Corte ha anche espresso preoccupazione per la “prassi diffusa nei tribunali civili di considerare le donne che invocano la violenza domestica come motivo per rifiutarsi di partecipare agli incontri dei figli con l'ex coniuge e per opporsi all'affidamento condiviso o all'accesso ai figli come genitori "non collaborativi" e quindi "madri inadatte" meritevoli di punizione”.
La Riforma Cartabia ha cercato di dare una risposta anche a questa problematica: cambieranno le cose?
Allegati:
Figli Giurisprudenza Responsabilità Genitoriale Affidamento Esclusivo Decadenza Frequentazioni Cedu
Pubblicato venerdì 09 giugno 2023
da Studio Legale Piantanida