L’ordinamento italiano impedisce ad alcuni soggetti, in ragione della loro qualifica o del loro particolare ruolo, di essere istituiti eredi o legatari per testamento: si tratta della c.d. incapacità di ricevere.
La ratio del divieto è di tutta evidenza: tutelare la libertà testamentaria del de cuius impedendo a soggetti che ricoprono, nei suoi riguardi, un determinato ruolo di esercitare pressioni influenzando ed alterando, così, la sua volontà.
Si considera dunque nullo il testamento redatto a favore del tutore e del protutore (art 596 c.c.); del notaio, del testimone o dell’interprete nell’ambito della redazione del testamento pubblico (art. 597 c.c.); della persona che ha scritto il testamento segreto e del notaio che lo ha ricevuto in plico non sigillato (art. 598 c.c.).
Tale disciplina, in quanto compatibile, si applica anche all’amministratore di sostegno (art. 411, comma 2, c.c.).
Nel novero dei soggetti incapaci di ricevere non è espressamente indicato il curatore, benché svolga una funzione - quantomeno astrattamente - simile a quella del tutore, del protutore e dell’amministratore di sostegno.
Invero il curatore ha il compito di tutelare gli interessi di soggetti parzialmente incapaci, quali inabilitati e minori emancipati, affiancandoli negli atti di straordinaria amministrazione.
E, dunque, il testamento redatto dall’inabilitato a favore del proprio curatore deve considerarsi valido in quanto non previsto diversamente o nullo per estensione analogica del divieto?
Sul tema si è pronunciata da ultimo la Corte di Cassazione, con sentenza resa in data 4 marzo 2020, n. 6079.
Il Supremo Collegio ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 596, 597 e 598 c.c. sollevata dalla ricorrente in relazione all’art. 3 Cost, nella parte in cui dette norme non prevedono l'incapacità a succedere per testamento del curatore dell'inabilitato che, nel periodo della curatela e al tempo della redazione del testamento, abbia assolto la funzione di amministrare e gestire il patrimonio dell'amministrato che non sia parente, anche in considerazione del richiamo contenuto nell’art. 411 comma 2 c.c.
In altre parole, nell’ottica della ricorrente: come può essere ammesso a ricevere per testamento il curatore dell’inabilitato quando non lo è l’amministratore di sostegno?
Erroneo, secondo gli Ermellini, è il presupposto su cui la questione di legittimità si fonda ossia la paragonabilità tra gli istituti della tutela, della curatela e dell'amministrazione di sostegno e l’idea che alle predette forme di assistenza corrispondano gradi crescenti di inattitudine a curare i propri affari del soggetto beneficiato.
Peraltro, il rinvio contenuto nell’art. 411 comma 2 c.c, non è automatico ma vale solo per la parte delle disposizioni compatibile con l’istituto dell’amministrazione di sostegno stessa: e, dunque, vale per l’amministrazione c.d. sostitutiva o mista ma non nel caso in cui la stessa si risolva in una mera assistenza. Nel primo caso, infatti, l’amministrazione di sostegno presenta caratteristiche affini alla tutela, nel secondo caso, invece, l'istituto dell'amministrazione di sostegno si avvicina alla curatela.
In conclusione, in assenza di espresso divieto, non può considerarsi nullo il testamento redatto dall’inabilitato a favore del proprio curatore. Soggetto, quest’ultimo, che, dunque, non rientra nel novero dei soggetti incapaci di ricevere.
Amministrazione Di Sostegno Successioni Diritto
Pubblicato venerdì 15 maggio 2020
da Studio Legale Piantanida